"Murmuri ed echi" di Mario Novaro
Nell'ambito di un progetto di ricerca promosso dalla Fondazione Mario Novaro di Genova (presieduto dall'architetto Maria Novaro) e dall'Università di Genova, con il sostegno della Provincia di Imperia, è stata realizzata l'edizione critica di Murmuri ed Echi, poesie di Mario Novaro a cura di Veronica Pesce, con prefazione di Giorgio Ficara (Edizioni San Marco dei Giustiniani, Genova, 2011).
M. Novaro (1868-1944) si laureò in filosofia a Berlino nel 1893 e a Torino nel 1895, pubblicò La teoria della casualità in Malebranche (1893), Il Partito Socialista in Germania (1894), Il concetto di infinito e il problema cosmologico (1895).
Stabilitosi poi a Oneglia, si dedicò all'industria olearia di famiglia, intestata alla madre Paolina Sasso. Continuò però a esplicare la sua attività culturale attraverso la rivista "La Riviera Ligure", nata come foglio pubblicitario dei prodotti Sasso nel 1895 e divenuta sotto la sua direzione (1899-1919) strumento culturale, che svolse una funzione letteraria di alto rilievo, pubblicando gli scritti dei più importanti scrittori e poeti del tempo, da Pascoli a Pirandello, Deledda, Campana, Sbarbaro, Gozzano, Govoni, Rebora, Papini, Soffici e altri.
Fra le pubblicazioni di questo periodo: Pensieri metafisici di Malebranche (1910), Murmuri ed Echi (1912 e successive edizioni), Acque d'autunno (1922), una scelta degli scritti del taoista cinese Ciuangzé. "Fra un leccio un pino un ulivo/ è un tondo d'erba al sole/ con rossi cardi timi sfioriti/ acerbe spighe d'avena che dondolano sul mare" (da Mi cuocio al sole).
Quadro essenzialmente ligure, sostanziato da elementi naturali chiusi in un piccolo spazio, ma protesi verso l'infinito, verso il mare amato e sentito come fonte di bellezza, in un ambiente naturalistico di rara suggestione, quello di Capo Berta a Oneglia, dove Novaro visse.
I poeti liguri vivono tra cielo e mare "Fra velluto di cielo velluto di mare/regna la luna." (da Infelici i morti), su colline verdi che nel mare si tuffano o dal mare "salgono". In questa cornice di natura profondamente vissuta si adagia la meditazione filosofica di Mario Novaro e si stempera la drammaticità del vivere.
La natura descritta dal poeta vive appassionatamente e in questo è specchio riflettente del suo animo. Le immagini poetiche nascono dalle sue estasi, per cui le sue visioni rimangono sospese fra terra e cielo o fra mare e cielo in atmosfere rarefatte e sognanti, come nella poesia Sospiro. Egli è un innamorato della vita nei suoi aspetti più semplici e autentici, colti nel ritorno annuale delle stagioni e dei loro ritmi e caratteri, che annunciano l'eternità. E in queste percezioni minime il poeta sente la differenza fra se stesso, ma ahimè pensante, e le cose della vita belle e leggere nel grembo della natura: “perché non sono leggero/ come questo pappo di soffione che vola?” (da Filza).
La voce della Natura gli è cara più delle voci di filosofi e sapienti del passato che pur lo accompagnano.
Isabella Tedesco Vergano
M. Novaro (1868-1944) si laureò in filosofia a Berlino nel 1893 e a Torino nel 1895, pubblicò La teoria della casualità in Malebranche (1893), Il Partito Socialista in Germania (1894), Il concetto di infinito e il problema cosmologico (1895).
Stabilitosi poi a Oneglia, si dedicò all'industria olearia di famiglia, intestata alla madre Paolina Sasso. Continuò però a esplicare la sua attività culturale attraverso la rivista "La Riviera Ligure", nata come foglio pubblicitario dei prodotti Sasso nel 1895 e divenuta sotto la sua direzione (1899-1919) strumento culturale, che svolse una funzione letteraria di alto rilievo, pubblicando gli scritti dei più importanti scrittori e poeti del tempo, da Pascoli a Pirandello, Deledda, Campana, Sbarbaro, Gozzano, Govoni, Rebora, Papini, Soffici e altri.
Fra le pubblicazioni di questo periodo: Pensieri metafisici di Malebranche (1910), Murmuri ed Echi (1912 e successive edizioni), Acque d'autunno (1922), una scelta degli scritti del taoista cinese Ciuangzé. "Fra un leccio un pino un ulivo/ è un tondo d'erba al sole/ con rossi cardi timi sfioriti/ acerbe spighe d'avena che dondolano sul mare" (da Mi cuocio al sole).
Quadro essenzialmente ligure, sostanziato da elementi naturali chiusi in un piccolo spazio, ma protesi verso l'infinito, verso il mare amato e sentito come fonte di bellezza, in un ambiente naturalistico di rara suggestione, quello di Capo Berta a Oneglia, dove Novaro visse.
I poeti liguri vivono tra cielo e mare "Fra velluto di cielo velluto di mare/regna la luna." (da Infelici i morti), su colline verdi che nel mare si tuffano o dal mare "salgono". In questa cornice di natura profondamente vissuta si adagia la meditazione filosofica di Mario Novaro e si stempera la drammaticità del vivere.
La natura descritta dal poeta vive appassionatamente e in questo è specchio riflettente del suo animo. Le immagini poetiche nascono dalle sue estasi, per cui le sue visioni rimangono sospese fra terra e cielo o fra mare e cielo in atmosfere rarefatte e sognanti, come nella poesia Sospiro. Egli è un innamorato della vita nei suoi aspetti più semplici e autentici, colti nel ritorno annuale delle stagioni e dei loro ritmi e caratteri, che annunciano l'eternità. E in queste percezioni minime il poeta sente la differenza fra se stesso, ma ahimè pensante, e le cose della vita belle e leggere nel grembo della natura: “perché non sono leggero/ come questo pappo di soffione che vola?” (da Filza).
La voce della Natura gli è cara più delle voci di filosofi e sapienti del passato che pur lo accompagnano.
Isabella Tedesco Vergano